Il corso si propone di introdurre gli studenti all’etica della credenza e di applicare i principali risultati teorici emersi all'interno di questa area di ricerca ai problemi sollevati nel mondo dei media dall'attuale pandemia di disinformazione (con particolare riferimento a fenomeni come le fake news e le teorie del complotto). Ci occuperemo inizialmente di che cosa sia una credenza e cosa distingua tale stato mentale da altri atteggiamenti proposizionali. Affronteremo poi la questione centrale per l’etica della credenza relativa alla possibilità di tracciare una distinzione tra credenze lecite ed illecite parallela alla distinzione tra azioni moralmente lecite ed illecite. Inizieremo dal documentare, attraverso la lettura di Plantinga, la persistenza di una risposta affermativa a tale domanda nella tradizione deontologica, facente capo a pensatori classici come R. Descartes, J. Locke e D. Hume. Affronteremo poi un influente argomento per una risposta negativa a tale domanda basato sulla premessa (difesa in vario modo da filosofi come W. Alston e B. Williams), che, diversamente dalle nostre azioni volontarie, le nostre credenze sfuggono al nostro controllo diretto. Prenderemo poi in considerazione una serie di risposte a tale argomento, dando particolare risalto alla posizione di W. Alston, basata sulla nozione di controllo indiretto. Affronteremo poi la questione della natura dei doveri doxastici: se, come sostengono gli evidenzialisti (riconducibili a W. Clifford), essi siano di natura puramente epistemica (coincidano in sostanza col dovere di avere credenze solo se sono adeguatamente giustificate sul piano epistemico) o, sulla scorta di W. James, se siano anche di natura pragmatica (se si abbia il diritto di avere credenze ingiustificate sul piano epistemico se queste arrecano un beneficio pragmatico o sono lecite sul piano morale). Nell’ultima parte del corso applicheremo i risultati della sua prima parte teorica a temi di attualità come la propaganda, le fake news e le teorie del complotto. In particolare, ci chiederemo se, ed eventualmente in quale misura, le persone possano essere ritenute reponsabili (ed eventualmente criticate o sottoposte alla richiesta di migliorare la propria condotta epistemica) per le credenze indotte dalla disinformazione.